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Jimmy's Hall - Una storia d'amore e libertà (2014)

Aggiornamento: 12 dic 2023


Jimmy's Hall - Una storia d'amore e libertà (Jimmy's Hall) UK/Irlanda/Francia 2014 dramma 1h49'


Regia: Ken Loach Soggetto: Donal O'Kelly Sceneggiatura: Paul Laverty Fotografia: Robbie Ryan Montaggio: Jonathan Morris Musiche: George Fenton, Fletcher Henderson Scenografia: Fergus Clegg Costumi: Eimer Ni Mhaoldomhnaigh


Barry Ward: James "Jimmy" Gralton Simone Kirby: Oonagh Andrew Scott: Padre Seamus Jim Norton: Padre Sheridan Brían F. O'Byrne: O'Keefe Denise Gough: Tess Aisling Franciosi: Marie Rebecca O'Mara: Mrs. O'Keefe


TRAMA: 1932. Dopo 10 anni di esilio negli Stati Uniti, Jimmy Gralton rientra in Irlanda per aiutare la madre a prendersi cura della fattoria di famiglia. Il paese che ritrova, dopo una decina d'anni di guerra civile, è molto cambiato e ha istituito un nuovo governo. A seguito delle richieste del conte di Leitrim, Jimmy, nonostante la riluttanza a provocare vecchi nemici come la Chiesa e i proprietari terrieri, decide di aprire una hall, una sala aperta a tutti, dove le persone si incontrano per ballare, studiare o discutere. Il successo è immediato ma la crescente influenza di Jimmy e delle sue idee progressiste non convincono chiunque e ben presto affiorano le prime tensioni.


Voto 7,5

“Mi piaceva raccontare quello spazio in cui le idee rivoluzionarie vanno a braccetto col divertimento.”

In questa frase è racchiuso il concetto di base dell’ennesima opera di cinema militante del tenace Ken Loach, che è anche un modo di spiegare il suo cinema: inserire l’idea politica, intima e sociale, nella vita quotidiana, anche nelle manifestazioni ordinarie e nei comportamenti comuni che ognuno di noi può avere. La figura di Jimmy Gralton, una bella persona limpida e coerente, è certamente una di quelle che nella storia d’Europa ha lasciato un segno (come tanti altri) ma che è stata presto dimenticata e sono tanti e tanti i Jimmy Gralton nella storia di cui non si parla più. Piccoli eroi che per portare avanti le proprie idee, basate sul concetto della libertà d’opinione e di manifestazione, hanno subito ogni tipo di ostracismo da parte delle autorità costituite. Il regista britannico sceglie una forma leggera e non è la prima volta. In fondo anche con Il mio amico Eric e soprattutto con il penultimo e scoppiettante La parte degli angeli egli ha scelto la strada più divertita e divertente per parlarci come sempre di politica e degli ultimi della terra, dei disoccupati, dei trascurati.

Cosa e come può destabilizzare il Potere un piccolo ma resistente uomo per portare avanti le sue idee e dare possibilità anche ai suoi amici e conoscenti per riunirsi in un luogo aperto a tutti senza i mezzi finanziari necessari? Jimmy Gralton è un attivista della sempreverde Irlanda mal visto dalle autorità pubbliche e soprattutto religiose, perché come al solito egli mina la tranquillità quotidiana basata sull’ignoranza della gente e sulla povertà che la affligge. Il più spaventato e preoccupato è il monsignore della chiesa cattolica della cittadina, potentissima nella zona, popolata da gente intimorita dai sermoni terrorizzanti di padre Sheridan che dall’altare lancia anatemi contro chi non osserva i dettami religiosi.

Anzi, quando si rende conto che non basta spingere le sue conoscenze politiche si muove in prima persona cercando un confronto con l’attivista e poi minacciandolo. Jimmy Gralton aveva già dovuto emigrare frettolosamente negli USA per scampare alle angherie della guerra civile (dal ’19 al ’21) e tornato dopo dieci anni e scappato anche dalla imperante crisi finanziaria della fine degli anni ’20, che aveva portato sul lastrico milioni di famiglie americane, viene sollecitato dagli amici ritrovati a riaprire la sala da ballo che lui aveva gestito. Quella sala non era solo un ritrovo di danza, era sempre stata e poteva tornare ad essere il luogo dove imparare a tirare di boxe, suonare musica, discutere di tutto e perfino studiare, quindi una vera scuola di vita e istruzione. Tutto ciò ovviamente era visto in primo luogo dalla Chiesa come un sito dove istruirsi, ragionare con la propria mente e quindi aprire gli occhi e ribellarsi. Pericolo! E quei ragionamenti da comunisti? Minaccia assoluta! Necessitava assolutamente reprimere questo mo(n)do rivoluzionario di istruzione di massa (anche se locale): aiutare i più bisognosi, stare in amicizia e allegria nonostante le avversità specialmente economiche, soccorrere le famiglie in caso di necessità, in pratica diffondere il socialismo. Insomma stroncare Jimmy.

La leggerezza con cui la trama viene svolta, il portamento di Jimmy un po’ sbarazzino e nello stesso tempo fascinoso, il suo amore mai sopito dalla lontananza e dal tempo per la bella Oonagh(come ama Loach questi nomi irlandesi!), il buon umore che nonostante tutto impera in mezzo a questa povera gente rischiano – gradevolmente – di alleggerire la drammaticità della storia e noi spettatori subiamo con piacere questo registro, perché Loach va vicino anche a farci sorridere pur con la tristezza nel cuore. Le sequenze delle musiche ed in particolare dei balli sono momenti di grande felicità, di spettacolo e di gioia, sia dei protagonisti che di chi guarda seduto in poltrona: il ritmo, il sorriso disegnato sul viso dei ballerini mentre imparano i passi, la soddisfazione sul volto di Jimmy sono lampi di sereno che squarciano le vite di questi poveri irlandesi. Loro ballano per dimenticare le fatiche della vita e padre Sheridan si rilassa con un bicchiere di buon whiskey irlandese: così va la vita.

Il bel Jimmy è sulle spalle del bravo Barry Ward, che in molti momenti (il suo modo di muoversi, di gesticolare, il profilo del viso) mi ha ricordato il giovane Robert Redford dei tempi de La stangata: fateci caso. Cosa che succede anche alla carina e altrettanto brava e irlandese Simone Kirby che ha certi atteggiamenti che la fanno somigliare in maniera impressionante alla giovane Faye Dunaway.

Ken “il rosso” Loach non perde né il vizio né il pelo. Il suo è un cinema sempre vivo che fa sempre piacere andare a vedere, per il semplice fatto che lui non parla di personaggi fantasiosi ma parla di tutti noi, della vita e dei bisogni. Che abbia iniziato il film sbattendoci immediatamente in faccia le vere immagini di repertorio della crisi economica di un secolo fa significa solo che ci vuol ricordare che poco è cambiato e che il Potere si mangia gli uomini e le donne, anche le anime belle. Un bel film, quindi, verde come l’Irlanda e rosso come il regista. Vai, Ken, non ti fermare!

Lunga vita a Ken!


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